Space Oddity
10 Agosto. Lungo una polverosa strada sterrata, una scintillante vespa color carta da zucchero si sta facendo largo tra file di auto che si muovono lente, disordinate e in coda, di rientro dal mare. È il giorno di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti. I muretti a secco sono interrotti solo a tratti da fili di ferro irregolarmente intrecciati, e da abusive staccionate. Alle loro spalle si aprono chilometriche distese di terra secca e rossa, da cui emergono filari di vigne e di ulivi ultracentenari. Tulipani rossi, dallo stelo alto e flessibile, spuntano sporadici tra bassi cespugli di fiorellini bianchi e gialli, cresciuti selvatici e liberi, al bordo della pista. È caldo, afoso e torrido. L’aria si muove a malapena. Una lucertola sbuca da una zolla di terreno, e si muove rapidissima, sfruttando l’ombra generata dai sassi esposti al sole. Tenendo lo sguardo fisso sulla strada si può ammirare l’effetto ottico generato dal calore dissipato dall’asfalto incandescente, il quale offre uno straordinario gioco di onde trasparenti dovuto alla distorsione del campo visivo. Sotto il casco del passeggero si librano al vento, artificialmente generato dal moto del veicolo, dei lunghissimi capelli scuri e ondulati, increspati e resi luccicanti dalla presenza di migliaia di impercettibili cristalli di sale. Ritmicamente si sollevano e poi si adagiano sulle spalle, nude e dorate, di una donna dall’età indefinita. Un sottile filo nero, attorcigliato dietro la nuca a formare un fiocco, emerge tra le ciocche in movimento, e lascia trapelare il colore originale della sua pelle, quando in inverno non è più esposta al sole. Un piccolo zainetto di tela color panna, adagiato alla sua schiena, si muove su e giù, sobbalzando sul suo corpo ad ogni buca. Le sue gambe, nude e abbronzate, cadono a penzoloni da entrambi i lati della moto. Granelli di sabbia ricoprono in modo non omogeneo i suoi polpacci, quasi fino alla piega interiore del ginocchio, e scivolano disordinati uno sull’altro, uno ad uno, sulle sue caviglie, disperdendosi infine sul manto stradale. La stagione invernale, con le sue tempeste, troverà il modo di riportarli a casa. La giovane avvolge tra le sue braccia, con presa non troppo stretta, il corpo più grande ed esile di un’altra donna. Dall’aspetto si direbbe una sua coetanea. Sotto il suo casco sbucano però dei fili più lisci e più corti, di un castano chiaro dorato. Le due ragazze canticchiano a squarciagola una famosa canzone d’amore degli anni ’90, qualcuno da un finestrino urla loro qualcosa di memorabile e le due all’improvviso scoppiano a ridere. Una di quelle risate spontanee, esplosive e assolutamente insensate, che solo la complicità di un’amicizia storica può scatenare. A. perde per un istante il controllo del motorino, che si inclina pericolosamente a destra. M. poggia il piede sull’asfalto per riequilibrare il motore, poi colpisce il braccio di A. e le urla di smetterla di fare la tonta e di concentrarsi. Non può rientrare anche quel giorno a casa con i segni di un’altra caduta. A. tira su le spalle, M. l’abbraccia più forte, poi le due amiche riprendono la loro canzone preferita dal ritornello. L’aria ha un profumo unico in questo momento dell’anno, un misto di note floreali, di bosco, di mare, di terra e di creme solari. Anche il colore del cielo all’ora del tramonto è diverso. Forse più rosso, forse più intenso. Offre senza dubbio agli spettatori un panorama speciale e selvaggio, che difficilmente dimenticheranno. Le due motocicliste si fermano al semaforo rosso accanto ad una Fiat 500 bianca dalla targa straniera con i finestrini completamente abbassati. Alla radio passa un pezzo di David Bowie. M. si volta istintivamente verso l’abitacolo, attirata dalle note di quella canzone a lei tanto familiare.
This is Major Tom to ground control
I've left forevermore
And I'm floating in most peculiar way
And the stars look very different today
Il suo sguardo incrocia quello di un uomo, l’autista del veicolo, apparentemente più grande di lei. Dall’aspetto non si direbbe essere di quelle parti. Il colore estremamente chiaro della sua pelle, stride con quello delle guance, della fronte e del naso fortemente arrossati dall’esposizione ad un sole a cui lui evidentemente non è abituato. La sua barba, leggermente rossiccia, si combina piuttosto bene con il colore delle sue labbra. Una camicia verde floreale, che contrasta perfettamente con le sue braccia ancora un po' pallide, avvalla l’ipotesi che si tratti di un turista straniero giunto sul Golfo per un breve periodo di vacanza. I due si guardano. Lui le sorride amabilmente. Due occhi brillanti, dello stesso colore della sua terra e incorniciati dalla scocca brillante del casco, ricambiano innocentemente quel sorriso di intesa.
For here am I sitting in a tin can
Far above the world
The planet Earth is blue and there's nothing left to do
Il semaforo è ancora rosso. M. lo osserva istintivamente. Lui non ha assolutamente nulla di speciale, non lo definirebbe un bell’uomo, ed esteticamente non è comunque il suo tipo. Eppure qualcosa in lui la ipnotizza. Sul sedile posteriore scorge una bambola. La scoperta la sorprende. "Sarà sposato e avrà dei figli” pensa tra sé e sé. Torna subito ad analizzare le sue mani, in cerca di qualche segno di legame coniugale. "Dovrà avere una fede al dito." La fugace analisi visiva non conferma la sua prima ipotesi. “Oh cielo! Che si tratti di uno strambo collezionista di bambole? O peggio ancora di un mostro che attira i bambini? Dovrei forse segnalarlo alle autorità? O dovrei solo segnarmi il numero della sua targa?” Un fastidioso fascio di luce proveniente dalla sua auto, e diretto nei suoi occhi, la riporta alla realtà. È il riflesso di un raggio di sole su uno specchietto da borsa, di quelli a ventaglio, che si richiudono su se stessi, e che tutte le donne posseggono. Quelli di cui, quando se ne ha davvero bisogno, puntualmente si scopre di aver dimenticato chissà dove. Ecco, la sua presunta moglie lo aveva dimenticato proprio accanto a lui. Questa scoperta la rassicura. Non si tratta di un mostro. Ci doveva essere una lei e forse anche una figlia, anche se lì, in quel momento, c’erano solo mere tracce della loro presenza.
Though I've flown one hundred thousand miles
I'm feeling very still
And before too long I know it's time to go
Semaforo verde. A. fa uno scatto in avanti e riparte velocemente. L’uomo, che M. aveva ormai dichiarato innocente, porta istintivamente il suo petto in avanti, quasi sospinto da un invisibile filo agganciato al suo cuore, mentre davanti a lui l’attenta osservatrice si sta allontanando, mantenendo lo sguardo incollato al suo.
In verità K. l’aveva già vista, o meglio aveva posato il suo sguardo su di lei già alcune ore prima. I due, infatti, avevano trascorso la giornata sulla stessa spiaggia. Lui aveva riservato un posto nello stabilimento balneare più famoso del litorale. Le due ragazze invece si erano sistemate sulla spiaggia libera, confinante con il lido privato, e avevano occupato con i loro zainetti un piccolo lembo di spiaggia. M. adorava la lettura e il mare. Perciò poche altre attività la intrattenevano più del leggere nel suo ambiente prediletto. Quel giorno tuttavia il calore era stato troppo intenso e non potendo ottenere un po' di refrigerio ed ombra, aveva trascorso quasi tutto il giorno in mare, nuotando e parlando con la sua amica A. del semestre estivo appena concluso. Disteso all’ombra, con la sua camicia floreale, K. aveva invece trascorso la maggior parte del suo tempo, sorseggiando tè freddo e leggendo un’opera di Dostoevskij. Tra le pagine, faceva capolino la foto di una bambina. La sua. L’aveva lasciata a casa, con la sua ex moglie. Non si era mai separato da lei tanto a lungo, perché le vacanze le avevano sempre fatte in famiglia. Dopo la separazione però avevano dovuto stabilire delle regole. Quell’estate la bambina avrebbe trascorso le vacanze con la madre ed i nonni materni. K. aveva sempre sognato di trascorrere un periodo lontano dalla monotona vita quotidiana. Un periodo in cui avrebbe potuto finalmente dedicarsi alle sue letture, alle sue passioni e al suo spirito. E così un giorno, di punto in bianco, si svegliò e decise che era finalmente giunto il momento. Raccolse in un bagaglio tutta la sua roba estiva, caricò l’auto e senza pensarci troppo partì. Solo alla pompa di benzina, mentre si accingeva a fare il pieno e a controllare la pressione dei pneumatici, prima della grande traversata, si rese conto che la bambola di sua figlia era rimasta adagiata sul sedile posteriore. Provò un lieve dispiacere, fece un gran sospiro e decise di portarla con sé. Una volta giunto a destinazione, si sarebbe poi preoccupato di trovare un posto per alloggiare. Fu così che approdò in un paesino sperduto, arroccato sulle coste del Mediterraneo. Quando vide quella piccola spiaggia per la prima volta, provò un’emozione indescrivibile. Non c’era mai stato prima, eppure mentre ammirava l'orizzonte del mare, avvertiva una strana sensazione di familiarità e un senso innato di appartenenza. Passeggiando sulla riva, all’ora del tramonto, si era imbattuto nel lido privato. Fu così che ebbe l'idea di affittare quella postazione per tutto il resto del mese. L’aveva scelta personalmente. In seconda fila, posizione laterale. Era piuttosto vicino alla riva per poter ricevere la piacevole brezza marina, ma non troppo da venir disturbato dagli schiamazzi degli infanti e dal parlottare estenuante delle signore che si intrattenevano lì, per tutto il giorno, a scambiarsi pettegolezzi. Inoltre, lo aveva voluto laterale, affinché il via vai dei bagnanti non lo infastidisse continuamente. Per questa catena di circostanze, quel giorno K. si era ritrovato accanto alle cianfrusaglie abbandonate dalle due ragazze sulla porzione di spiaggia limitrofa. A un certo punto della giornata M. era venuta fuori dall’acqua. A. non l’aveva seguita. Era rimasta a riva ad intrattenersi con un loro vecchio compagno di scuola. M. immergendo le ginocchia nella sabbia, aveva aperto il suo zainetto di tela e cominciato a scavare nel suo contenuto. Poco dopo aveva messo su gli auricolari, tirato fuori gli occhiali da sole e dopo aver strizzato per bene i suoi lunghi capelli ancora impregnati di acqua marina, si era adagiata sul morbido telo a prendere il sole. K., dietro i suoi occhiali da sole sportivi, aveva seguito tutti i suoi rituali di preparazione all’esposizione solare con inaspettata attenzione. La lettura di quella pagina del romanzo proseguì con estrema lentezza. Alcuni passaggi aveva persino dovuto rileggerli un paio di volte, perché puntualmente la sua mente si allontanava, così come i suoi occhi, che senza neanche volerlo, tornavano prepotentemente a posarsi sul corpo di lei. Non la guardava con desiderio. Tuttavia, provava verso di lei una curiosa attrazione.
La Luna è ormai alta nel cielo. Le stelle sono già visibili nel firmamento. Le due amiche stanno percorrendo l’ultimo sentiero di campagna prima di entrare nel centro abitato. M. solleva lo sguardo al cielo e vede una stella venir giù. Strizza forte gli occhi, attende un istante, esprime il suo desiderio, poi gli riapre e sorride. È un sorriso malinconico, che nasconde tuttavia una sottile speranza.
A. ferma il motorino davanti al cancello della sua proprietà. Le due ragazze si salutano e si danno appuntamento all’indomani. M. rientra in casa. Gli ultimi grani di sabbia scivolano sul pavimento e scricchiolano ad ogni suo passo sotto le scarpe. Una voce maschile, con tono dolce ed accento straniero, rompe il silenzio e la richiama dal bagno. “Schatz! Sono sotto la doccia!” Poco dopo lei si avvicina alla porta e gli fa: “Ciao tesoro, mi fai un po' di spazio? Sono tutta sporca di sabbia. E comunque, hai visto il mio specchietto da borsa? Devo averlo perso di nuovo.” L’uomo con tono sarcastico e divertito ribatte: “Schatz, amore. Non lo hai perso. Lo hai solo lasciato in auto, come sempre!”
Lady Margot
Maggio 2023
Comments