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Writer's pictureLady Margot

Ritratto di donna (Pt.4)

Se ne stava seduta in poltrona Sophie, attendendo con lo stomaco in subbuglio che il marito rincasasse per il pranzo. Come ogni giorno, a quell'ora, aveva già sbrigato tutte le faccende domestiche, cucinato e imbandito la tavola. Quella mattina era riuscita persino a dedicare del tempo alle sue attività personali, che altrimenti venivano sempre relegate alle ore serali. Di questo si sentiva particolarmente soddisfatta. Era un giorno del tutto normale, uno come tanti. Spostando lo sguardo verso la finestra, in quel momento della giornata, poteva intravedere le sagome di alcuni bambini del quartiere muoversi in piccoli gruppi e camminare festosi verso le proprie case. Quella immagine la metteva generalmente di buon umore. A volte però le faceva pensare alla sua gioventù andata e precipitare in una strana tristezza ripensando a tutte le cose che aveva smarrito lungo la strada.


Si era trasferita lì dopo aver sposato Phil, il quale prestava servizio già da molto tempo in una società piuttosto importante del posto. Si erano conosciuti qualche anno prima ad un evento di gala dell'azienda, dove lei era stata invitata per esibirsi come pianista. Appena Phil la vide ne restò assolutamente ammaliato. Per tutto il tempo della sua esibizione non riuscì a toglierle gli occhi di dosso, e ancora prima di ascoltare la sua voce capì che l'avrebbe amata alla follia. Quella sera stessa, dopo lo spettacolo, la avvicinò e la invitò a ballare. Ci fu subito grande intesa tra loro. La baciò al centro della pista. Prima di congedarsi riuscì a farsi lasciare il suo recapito. Quella notte si scelsero e non si lasciarono più. Un anno dopo si sposarono. Ora quei tempi le sembravano solo ricordi molto lontani, l'antico ritratto di una passione divampata e poi spenta, di cui poco o niente si era conservato.


L'unica persona che Sophie incontrava ogni giorno era suo marito. A volte, se era fortunata, incrociava anche qualche vicino uscendo di casa. Per il resto, si teneva in contatto con il mondo tramite il telefono e la corrispondenza. Quando era ancora nubile, aveva vissuto a lungo in una città molto più grande e vivace, dove aveva studiato e dove aveva lasciato molti dei suoi amici e un pezzo del suo cuore. Erano lunghe le conversazioni con la sua amica Margaret, che ancora non si capacitava della sua nuova vita di campagna e che per questo non perdeva mai occasione per reclamarla alla più movimentata vita di città, invitandola sempre a trascorrere qualche giorno a casa sua. A volte sentiva ancora quel suo caro compagno di studi dei tempi dell'università, Karl, che nel frattempo si era trasferito dall'altra parte del pianeta. L'ultima volta che l'aveva sentito, le aveva comunicato che a breve si sarebbe sposato e l'aveva invitata, assieme al marito, alle sue nozze. Lei ne era davvero entusiasta, e in cuor suo sperava di riuscire a prender parte al suo ricevimento, eppure neanche questa motivazione la invogliava ad intraprendere la conversazione con Phil. Una conversazione che già sapeva si sarebbe conclusa in un litigio insensato, che non avrebbe comunque condotto ad alcuna soluzione.

Sophie non aveva stretto molte amicizie in quel luogo desolato dove ora si ritrovava a vivere. Non ne aveva avuto molta voglia, o forse era solo stata molto concetrata su altri aspetti della sua vita e della sua carriera. Aveva un piano, doveva solo lavorare duramente per realizzarlo. Il lavoro comunque non le aveva mai fatto paura. Trascorreva le sue giornate principalmente sola, e di questo era quasi sempre felice. Era una donna piuttosto indipendente e organizzata. Si svegliava molto presto al mattino, con i primi suoni della natura. Ancora in abiti da notte si dirigeva poi verso il patio, dove si accomodava nel suo angolo preferito con carta e penna, avvolta in una coperta leggera, e con la sua immancabile tazza di caffè. Ammirava per qualche minuto i colori dell'alba, poi generalmente trascriveva ciò che ricordava dei sogni della notte precedente, o di quelli che lei considerava frammenti disallineati di sogni. A volte buttava giù qualche verso sparso, altre una semplice meditazione. Sognava moltissimo, possedeva una fervida immaginazione, coltivava la sua spiritualità e la sua connessione con tutti gli elementi del mondo. Non credeva in alcun Dio, ma credeva in tutto il resto. Dopo il suo risveglio meditativo, indossava qualcosa di comodo e usciva a far sport. Aveva scoperto che era un eccellente metodo per condizionare la sua mente, sviluppare disciplina e rinforzare la sua salute. Al rientro si dedicava poi alla cura del suo corpo, che considerava alla stregua di un tempio. Faceva prima una doccia tiepida, poi spazzolava e acconciava la sua lunga chioma, sceglieva ogni giorno un vestito che si abbinasse al suo umore e infine dipingeva le sue labbra. Adorava farsi bella, per sè stessa e per nessu'altro. Le piaceva molto il suo corpo. Non solo in senso fisico, forse più metafisico. Infatti, era sempre esterrefatta di tutto ciò che riuscisse a fare, delle sensazioni che riusciva a regalare, del suo modo unico di generare amore, passione, sensualità, tenerezza, mistero, attrazione. Terminata la cura della sua persona, passava all'organizzazione della casa. Spalancava tutte le finestre e iniziava a muoversi tra le stanze e sistemare tutti gli spazi. Era una grande sostenitrice dell'ordine e della pulizia. Riordinava tutto ciò che la circondava, sperando forse in quel modo di organizzare anche tutto ciò che aveva dentro. E in parte questo le regalava serenità. Un vezzo che aveva sin da bambina. La loro casa sapeva sempre un pò di fragranze floreali, miste a caffè, a cannella e alle note del suo profumo dolce. A volte dava l'acqua alle piante tropicali, che vivevano disseminate in ogni antro della casa, altre volte ci parlava solamente mentre ne accarezzava le foglie. Avevano tutte un nome. Su quasi ogni superificie della casa poi c'era sempre un libro. Oltre a tutti i luoghi dove in una casa normalmente ci si potrebbe aspettare di imbattersi in un libro, nella loro se ne potevano trovare alcuni anche in luoghi decisamente improbabili. Sulla mensola del bagno ad esempio, o sotto il cuscino poggiato sul davanzale della finestra, magari in un cassetto della biancheria, sulla pensilina della cucina, sotto la coperta del letto, nell'armadio degli ospiti o sul tavolino dell'ingresso. Lei li lasciava sparpagliati ovunque. Era una donna se non altro singolare.

Aveva un lavoro tecnico, che non le piaceva molto ma che le serviva a finanziare la sua vera passione. Ad ogni modo non le pesava particolarmente perchè non era costretta a svolgerlo in ufficio. Perciò, ogni giorno, lei faceva prima di tutto ciò che andava fatto per poi, a sera, dedicarsi alla sua arte. Ed era allora che la magia avveniva. Apriva le danze con i suoi immancabili rituali propedeutici alla scrittura, generalmente immergendosi per qualche minuto in una lettura già avviata o facendosi cullare dalle corde del suo vecchio pianoforte nero in legno di palissandro. Sottile, quasi impercettibile, teneva sempre della musica classica di sottofondo e qualche candela accesa sparsa sui tavoli della stanza, per creare la giusta atmosfera. Non le piacevano affatto le luci artificiali, e per fortuna non aveva mai avuto difficoltà a scrivere in penombra. Il clima psicologico che in quel modo ogni notte riusciva a replicare era capace di risvegliare e stimolare tutti i suoi sensi e di generare al contempo la giusta tensione emotiva, che l'avrebbe aiutata poi a spillare fuori tutte quelle figure che avevano già preso vita in qualche recondito spazio della sua mente. Una sfilata di personaggi senza volto e senza tempo, con il loro assillante vociare, di gesta eroiche, di dannazione, di luce e di tenebre, di sacro e di profano, di amori proibiti, di addii e di ritorni, di odio e di redenzione. La sua penna era caratterizzata da un tumulto di sentimenti inespressi, di malinconia, di nostalgia, di contraddizioni, di scoperte, di morte e di vita. Lei era tutto questo, e molto di più. Era un libro davvero molto difficile da leggere.


[Nuovo - Pt. 1] Phil conosceva bene la pratica notturna di Sophie e, pur non comprendendola, lasciava di buon grado che se ne occupasse. Anche lui, dopotutto, ogni sera si ritirava nel suo studio e si dedicava alle sue attività secondarie. Su questo punto, regnava un atteggiamento piuttosto democratico in famiglia. L’accordo tra di loro era sempre stato quello di lasciarsi la piena libertà di navigare nelle proprie cose, senza interruzioni e inutili piagnistei, per poi ritrovarsi a una certa ora nel letto coniugale. Per loro questo sistema funzionava bene. A volte Phil aveva come l’impressione di aver sposato qualcosa a metà strada tra un’eremita e una dea, un essere che lui adorava e ammirava profondamente, anche se da molto lontano, la cui essenza non era mai riuscito a cogliere pienamente. A volte trovava persino un po' seccante il fatto che Sophie avesse sempre l’urgenza di dover scrivere. Ovunque si trovasse lei aveva sempre questa strampalata mania di dover imprimere le sue riflessioni su carta. Come se il solo fatto di dargli una forma rendesse le sue opinioni automaticamente valide – pensava contrariato tra sé e sé, perché lui per primo spesso non le considerava tali. I suoi pensieri d’inchiostro erano alle volte totalmente incomprensibili, lui leggeva le sue pagine e dopo non era mai sicuro di averne afferrato il senso. Come se non bastasse Sophie prediligeva la scrittura speculare, scriveva da destra verso sinistra. Un altro vezzo che aveva ereditato dalla sua infanzia. E questo di certo non gli rendeva le cose più facili. Al di là del fatto che lui non la capisse, Phil percepiva comunque che tutto questo per lei non era solo un frivolo intrattenimento. Lui in realtà sapeva bene tutto ciò che questo per lei non era, eppure non era mai stato capace di definire cosa fosse. Non ci pensava ormai comunque molto. Negli anni aveva sviluppato una certa tolleranza verso la sua stranezza e imparato semplicemente a conviverci. In fondo, qualunque cosa fosse a spingerla ogni notte ad allestire un simile siparietto, a chinarsi per ore sulla sua scrivania e ad immolarsi tutta intera in quel suo mondo incantato, non doveva essere una sua preoccupazione. A lui importava molto più che quella sua strana stregoneria notturna la mantenesse in quel bizzarro e inconfondibile stato di estasi, perché sapeva bene che una volta a letto, anche lui avrebbe goduto dei benefici di quella sua sfrenata passione.


[Nuovo - Pt. 2]

La loro vita sessuale era decisamente accesa. Sebbene la passione che un tempo bruciava e teneva unite le loro anime si fosse già spenta da tempo, a letto la sintonia rimaneva ancora molto forte. Sophie non faceva mai l’amore per assolvere ai suoi doveri coniugali. Il sol pensiero in effetti le dava orrore. Al contrario, si lasciava trasportare ogni notte da quel vortice di desideri e pulsioni, senza alcun freno. Era una donna di mentalità molto aperta, su tutto. Raramente si intratteneva in conversazioni sul sesso, le trovava tediose. Lei semplicemente lo faceva. A letto aveva un temperamento indomabile. Era curiosa, le piaceva sperimentare, ma sapeva anche essere incredibilmente dolce, generosa e accondiscendente al momento giusto. Phil adorava questo di sua moglie.

Sophie aveva un rapporto molto bello con la sua sessualità. E forse anche per questo le riusciva del tutto naturale conservare quella sua innocenza disarmante, che poi si traduceva nel suo modo unico di fare. Il suo sguardo possedeva una purezza conturbante. Non c’era malizia volontaria nei suoi gesti, neanche in quelli più audaci, e non c’era mai intenzione di provocare o di ammaliare. Il suo fascino non era premeditato. E forse proprio per questo l’arte della seduzione le riusciva talmente bene. Era una donna naturalmente sensuale. Non era particolarmente bella, ma era decisamente erotica.

Viveva la sessualità in senso piuttosto mistico. Per lei il sesso non era semplice sfogo dei naturali bisogni corporei. Non era solo desiderio, impulso, eccitazione fisica, disordine, abbandono. Semmai considerava tutto questo un mezzo per raggiungere un temporaneo stato di contemplazione, in cui null’altro le serviva o le interessava. Attraverso l’orgasmo riusciva ad entrare in contatto con una parte di sé stessa, della sua sensibilità, altrimenti inaccessibile. Per questo considerava fondamentale dedicare all’attività sessuale il giusto tempo. Per lei il sesso era una vera e propria pratica, da coltivare per elevare il proprio stato di coscienza e di conoscenza, convinta che solo sfogando i propri istinti carnali potesse esercitare al meglio il controllo della sua mente.

Anche da nubile, non si era mai concessa a qualcuno solo per attrazione fisica. In effetti, non aveva mai provato quel tipo di attrazione. Era sempre stato il navigare la mente umana, la scoperta dell'essere, a provocarle i più forti istinti verso un’altra persona. E non era mai stata capace di amare, neanche fisicamente, più persone alla volta. Con Phil comunque questo problema non si era ancora mai manifestato.


[Nuovo - Pt. 3]

Sophie si alzò brevemente per prendere taccuino e penna, rimasti adagiati dalla sera prima sul tavolino da caffè. Poi tornò in poltrona e per un momento si assentò ripensando a un sogno che aveva fatto qualche notte prima. Forse era stata una storia che aveva letto da poco, e che a sua volta l’aveva spinta a scrivere un racconto epico, ad influenzare le sue visioni oniriche. Aprì il taccuino e buttò giù qualche idea, frasi incomplete, qua e là anche alcune parole chiave. Mentre rifletteva su come integrare tali vicende nella trama del suo romanzo, si ricordò della scadenza imminente del lavoro che doveva consegnare e si costrinse a rimandare il suo brainstorming a un momento più favorevole. Adagiò la penna sul cuscino della seduta, ma non fece in tempo a venir fuori da quel pensiero che fu rapita da un altro ancora più strano.


Sophie era sempre stata così. La sua mente era un campo di battaglia, dove in ogni istante si consumava una sanguinosa lotta tra le ragioni del suo pensiero analitico e le lucide fantasie di quello creativo. Anche per questo cercava di condizionarla attraverso le sue meccaniche azioni quotidiane e le pratiche di autocontrollo e di meditazione. Dentro di lei convivevano così tante dimensioni, scene di vita veramente vissuta, di libri, di storie inventate e di sogni, che a volte tutti questi mondi semplicemente si sovrapponevano, altre si mescolavano tra loro e altre ancora si repellevano completamente. Ne risultava un perpetuo e avvincente discorso interiore, fatto di titanici scontri e di risolutive riappacificazioni, di psicanalisi del suo stesso io, con cui lei alla fine cercava sempre di scendere a compromessi. Provava costantemente un senso di angoscia e sorpresa persistente misto a malinconia, che l'accompagnava ovunque lei andasse. Non era semplice tristezza, era qualcosa di molto più profondo. Per questo amava tanto star sola, non perché non le piacessero le persone. In realtà Sophie era una donna di ottima compagnia, amava ascoltare, sapeva mettere l’interlocutore a proprio agio nella conversazione e aveva una risata davvero radiosa. Solo a guardarla trasmetteva gioia. Tuttavia, le piaceva molto di più starsene da sola con sé stessa. Era una strana predilezione la sua, che non era mai riuscita a spiegare agli altri. Chi la conosceva, pur non comprendendo affatto questo suo modo di essere, aveva imparato ad accettarlo. Per molto tempo, comunque, la sua tendenza all'alienazione era stata aspramente criticata, persino dalla sua famiglia. Intollerabile! Una signorina della tua età ha bisogno di stare con i suoi simili. Non puoi trascorrere tutte le tue serate a leggere. Ti verrà la gobba e perderai la vista. Devi divertirti! – borbottava un giorno sì e l’altro pure sua madre, visibilmente preoccupata. Sei troppo bella può restare sepolta in casa. Perciò agghindati come le tue coetanee ed esci. Non troverai mai un uomo decente, un marito, se non mostri le tue grazie al mondo. La tua bellezza sfiorirà e tu ti ritroverai presto sola, circondata da pile di libri vecchi e impolverati. – aggiungeva poi la donna, quando alla sua preoccupazione si mescolava anche la rabbia. Queste comunque erano solo alcune delle frasi che era stata costretta per molti anni della sua vita a sopportare. Poi semplicemente smise di preoccuparsene.

A volte Sophie spariva per giorni, settimane. Di punto in bianco tagliava i contatti con tutti, smetteva di frequentare le sue attività, il suo circolo di amici, i luoghi dove abitualmente si recava. Nessuno sapeva cosa facesse in quei periodi, né dove andasse. Neanche Phil. In realtà non andava da nessuna parte, non in un luogo fisico perlomeno. Semplicemente si chiudeva in casa e si alienava. Era come una sirena costretta a vivere fuori dall’acqua, in apnea. A volte, aveva semplicemente bisogno di immergersi nel suo spazio privato e di ritrovarsi, per riprendere fiato. Quelli erano anche i suoi periodi di più grande produzione poetica. Poi così come spariva, lei ritornava. E ad ogni ritorno appariva sorprendentemente ancor più bella, più serena, più luminosa. Sophie aveva bisogno della sua solitudine. Ne conosceva perfettamente la sua potenza distruttiva, e per questo la temeva e la rispettava. Aveva imparato che se trascorreva troppo tempo sola rischiava di sprofondare in uno stato di abbandono da cui poi diventava troppo difficile tirarsi fuori. Pertanto doveva sempre sapere quando fermarsi. Anche questa in fondo era una pratica di autocontrollo. Era tutto un gioco di presenza e assenza, da sé stessa e dal mondo. Con il tempo aveva realizzato che era proprio la vita al di fuori di sé, quella da cui un tempo quasi rifuggiva, la condizione imprescindibile della sua stessa morte e rinascita interiore. Era un infinito ciclo di vita. Era un continuo vivere, morire e risorgere. Sophie in questo senso era una vera e propria fenice.


Una scossa attraversò il suo braccio e interruppe bruscamente tutti i suoi pensieri. Muovendo la mano sulla carta, si era tagliata un dito passandolo distrattamente sul bordo affilato della pagina. Qualche goccia di sangue zampillava dalla microscopica ferita. Si portò istintivamente il dito alla bocca e lo succhiò per fermare l'emorragia. Poi Phil rientrò.


[Nuovo - Pt. 4]

La trovò così, seduta in poltrona con un dito stretto tra le sue labbra. La scena gli apparve incredibilmente eccitante. Non disse niente. Posò la valigetta da lavoro sul pavimento e senza neanche togliersi il soprabito si avvicinò a lei. Si chinò sul suo capo e le stampò un bacio umido sul collo. Lei voltò appena il viso, poi le loro labbra s’incontrarono. Lui si staccò e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Lei non rispose, semplicemente annuì. Phil si piegò sulle ginocchia, divaricò le gambe di sua moglie, tenute parzialmente nascoste da un lungo vestito bianco a fiori, e cominciò ad accarezzarle. Partendo dai piedi, cominciò a muoversi sui suoi polpacci, poi passò le sue mani dietro le ginocchia, e ancora così, lentamente, risalendo sulle sue cosce fino ai fianchi. Giunto sulle sue mutandine, pizzicò appena il tessuto con le dita e le sfilò velocemente. Le strinse nel suo pugno, come un trofeo, e se ne appropriò, infilandole nella tasca della giacca. Poi tornò su di lei. Le stampò un bacio più intenso sulle labbra. Adesso percepiva distintamente il sapore metallico del sangue che Sophie poco prima aveva succhiato. Questo lo eccitò anche di più. Le morse il labbro inferiore. Poi scese sul suo collo, giocando con la lingua mentre estasiato annusava la sua pelle. Portò le mani sulle sue scapole e abbassò contemporaneamente entrambe le bretelle del vestito. Le tirò giù, lasciando completamente scoperti i suoi splendidi seni tonici a coppa di champagne. La vista accrebbe di colpo la sua erezione. D’impulso affondò il suo viso su quel petto afrodisiaco e lo stimolò magistralmente, punzecchiandolo con dita e lingua. Sophie ansimava, mentre lui era completamente immerso in quelle sue forme leggermente umide e vellutate, che lo avvolgevano fino a toglierli il fiato. Ormai era al limite, non poteva più aspettare. Le morse più forte il seno destro, poi la spinse contro lo schienale della poltrona. Slacciò la sua cintura in cuoio, sbottonò i suoi pantaloni e, afferrandola più forte dalle natiche, l’attirò e la penetrò. Ripetutamente. Con tutta la sua forza. Non resistette a lungo e dopo pochi minuti esplose dentro di lei. Fu un atto istintivamente violento. Trovarla così aveva fatto risvegliare in lui una indicibile fantasia. Qualunque cosa fosse comunque, sua moglie l’aveva già soddisfatta. Rimase dentro il suo corpo ancora qualche secondo. Sophie gli accarezzò il viso e gli baciò teneramente la fronte. Poco dopo Phil si sollevò e si ricompose. Le restituì le mutandine e l’aiuto ad alzarsi. Poi si tolse la giacca e l’appese nell’armadio, arrotolò le maniche della camicia fino ai gomiti, si diresse in bagno per rinfrescarsi, poi raggiunse la moglie che si era già accomodata a tavola e lo aspettava. Tutto ciò che seguì fu niente più che un normalissimo pranzo tra coniugi.


[continua...]


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